Trecentosessantacinque brandelli di vita

Il gusto per l’argomentazione sta scemando. Ciò avviene perché è poco incentivata e perché, in quei rari casi in cui qualcuno fa sfoggio di una dizione, una capacità oratoria, oppure una dote persuasiva particolare, viene inserito nella schiera dei fuori-categoria. I fuori-categoria sono quelli che non stanno alle regole del gioco, per un motivo o per un altro. Sono quelli che vengono percepiti come esseri distanti, forse addirittura scostanti. L’argomentazione richiede tempo, sacrificio e una discreta dose di attenzione.

Eppure, è facile interrompere il suo flusso, è facile arrestarne l’impeto. Diciamocelo, argomentare è un po’ come giocare a scacchi, perlopiù sembra noioso benché sia conoscenza comune che stimoli il cervello a migliorare. È un’attività lenta, che si costruisce su sé stessa, che si avviluppa in una spirale ascendente. È, a conti fatti, la proverbiale costruzione di un castello di carte. All’interno di una metropoli, circondati da innumerevoli stimoli di ogni tipo, dal clacson alle voci dei passanti, dalle notifiche sul telefono ai vicini che trapanano il muro ad orari sospetti, è normale, addirittura naturale, accettare l’idea che non si avrà mai abbastanza tempo da dedicare ad un singolo compito. In questo modo la giornata viene spezzettata, compartimentata in ore, blocchi, attività. La quotidianità, a volte, rischia di sembrare il programma di un villaggio vacanza nel quale non si andrebbe mai. E in questo tran-tran di bolle l’acqua – butta giù la pasta – rispondi al telefono – spazza per terra si inseriscono a gamba tesa le cullanti sirene della comodità. Il “ma appena finisco farò”, il “mi ritaglierò del tempo per” e il “oggi no, ma domani di sicuro”. Un anno è composto da trecentosessantacinque giorni, suppergiù. A furia di ritagliare, di sforbiciare e di giocare con i coriandoli cosa rimane? Un collage di foto di eventi mai vissuti.

Nella svolta borghese di Palazzeschi, quello di Lasciatemi divertire per capirci, entra in scena una tematica che nella sua produzione precedente era stata trattata poco: la morale del sacrificio. In romanzi come Le Sorelle Materassi, I fratelli Cuccoli e Roma, è evidente lo scontro portato in scena nel seno della società. Il sacrificio non consiste necessariamente nell’immolazione del giusto per la salvezza dei diritti comuni, pratica che consiglio e sconsiglio al contempo, bensì nella pratica costante dell’impegno attivo. Per impegno attivo non intendo fare volontariato consumando ogni scampolo del proprio tempo libero, bensì non subire la realtà. Cosa significa? Ne ho un’idea tutta mia e siete liberissimi di dissentire in ogni momento. Non subire la realtà significa tentare di conoscerla e sfidarla. Significa non accettare quel che accade come un giudizio divino oppure una maledizione infernale. Significa prendere in mano le redini della propria vita senza dimenticare sé stessi. Forse è il caso di scendere più nel dettaglio. Impegnarsi attivamente vuol dire non procrastinare, ovviamente senza esagerare, non voglio dare l’idea del fordista che cerca di programmare gli esseri umani al punto da renderli robotici, e, come dice il proverbio, dopo aver fatto trenta, fare trentuno. Benintesi, non trentadue, non ventinove, non radice di pi greco, bensì trentuno. Significa non accettare gli eventi così come sono, senza provare a imprimere un cambiamento. Significa offrire una mano ad una signora anziana che sta salendo sul treno e non riesce ad alzare la sua valigia, aiutare un uomo a portare il passeggino con il figlio su per le scale e fermarsi a ragionare sul fatto che “si è sempre fatto così” è la scusa dei pavidi, dei conformati, degli idioti. Se tutti avessero sempre vissuto in questi termini oggi non avremmo uno straccio di diritto e ci staremmo urlando contro come scimmie perché un bambino delle elementari ha osato sporcare un suo compagno durante un gioco in giardino. Tutto ciò prelude al successo nella vita? Assolutamente no. Impegno e sacrificio non sono una condizione necessaria e sufficiente per essere felici o appagati. Ciononostante, aiutano, eccome se aiutano. Ricordate il collage di cui sopra? Pensate come apparirebbe alla fine dell’anno se aveste aggiunto, di volta in volta, dei frammenti nuovi. Qui posizionate uno scampolo di quella bella giornata al giardino botanico, avete osservato le rose e le camelie al posto di sdraiarvi sul divano!, qui un brandello di quella notte in cui, sebbene stanchi, siete rimasti sul luogo del lavoro per fare un favore ad un collega e da quest’altra parte, ecco, c’è un ritaglio di quella mattina in cui avete fatto una piccola deviazione dal tragitto raggiungendo il mare e facendo colazione con i piedi nella sabbia. È faticoso? Perché impegnarsi tanto chiedete? Mi sembra ovvio, in che altro modo vorreste spendere la vostra esistenza? Cercando sempre la via più semplice, la strada più sicura, evitando ogni deviazione, ogni scoglio, ogni cambio di programma? Io non voglio essere un robot e voi?

Carolina e Teresa, dopo una vita di soli obblighi, conoscono l’affetto e l’amore per un giovane ragazzo. Remo, il loro adorabile nipote, sfrutta l’ascendente che possiede per fare il bello e il cattivo tempo. Consuma il denaro della casa accumulato con tanti anni di fatica, le tratta come scimmiette ammaestrate canzonandole di continuo e, infine, sparisce dopo aver stipulato un matrimonio di vantaggio con una ricca forestiera. E sapete cosa? Le due sorelle, quando ripensano a quel furfante che ha rubato loro tanti anni di vita, scoprono in lui la scintilla che le ha rese di nuovo donne, di nuovo persone che, al mattino, si chiedono cosa la giornata abbia in serbo. Per loro, quel “qualcosa in più” è stato accettare una nuova presenza nella loro dimora. Accudirla, crescerla, proteggerla. E al diavolo la rovina, al diavolo le maldicenze del popolo, a quelle due non interessa che lui si sia comportato tanto male. Sono delle sciocche? Delle illuse? Forse sì, pare pensare chiunque conosca la loro storia. Ma cosa ne pensano loro, loro che l’hanno vissuta? Guardano le foto del nipote ormai lontano con volto estatico, contente di non aver permesso ai loro vestiti di seppellirle anzitempo.
Celestino Cuccoli adotta quattro trovatelli alla veneranda età di cinquant’anni circa. Vuole diventare padre, ha bisogno di affetti veri, sinceri, e di prendersi cura di qualcuno. Celestino ha la mente aperta, è un brav’uomo e cresce i figli con affetto. È l’erede di un titolo nobiliare molto antico, il suo metodo di educazione è particolarmente liberale ed è un mediatore perfetto. Non scontenta mai nessuno, cerca di aiutare tutti. Non parteggia, bensì simboleggia. Cosa? Rispetto, giustizia, serenità d’animo. È un angelo, il nostro Celestino, un angelo coperto dalla polvere. E cosa fanno i suoi figli? Rischiano di ammazzarlo! Due colpi di revolver per rubare dei gioielli di famiglia. E dopo? Lo abbandonano, lo lasciano solo, povero, con la governante in mezzo alle montagne. E alla fine … no, non posso dirvi proprio tutto, questi libri vanno letti. Ma pensate che Celestino rimpianga gli anni spesi con i suoi quattro ragazzi? Pensate che, tornando indietro, opterebbe per la comodità a discapito della vita pulsante (quindi vera)?

Tutto questo per dire che vorrei iniziare a inserire i riferimenti bibliografici alla fine di questi miei sproloqui, anche solo per non apparire l’ennesimo guru da strapazzo.
La mente fa degli strani giri per arrivare alla sua meta!

Photo by Barna Kovacs

7 risposte a “Trecentosessantacinque brandelli di vita”

  1. Non sei affatto un guro, hai espresso il tuo pensiero, che condivido in pieno, con esempi chiari ed espliciti, quindi chi vuol capire capisca, a parer mio è la filosofia più giusta per non sprecare inutilmente la propria vita 😉 Buon pomeriggio.

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    • Sentirmi dire di non essere un guru è un complimento che mi riempie di soddisfazione. Ahimè, a causa di questo bell’Internet, ho sempre paura di scadere nel qualunquismo. Ma studiando molto e di continuo qualcosa si riesce sempre a tirar fuori dal cilindro! Quindi grazie davvero e buona giornata anche a te!

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  2. Non sapevo chi era che mi veniva a leggere oltre i quattro followers . Sono lusingato davvero un bel scrivere e su argomenti tosti. Poi se hai toccato anche i tasti giusti, ti basti😉🙃

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