“Today is another day” recitano tazze di tutto il mondo dai disegni più disparati. Ho addirittura scoperto essere il titolo di un album di una cantautrice giapponese e di chissà quante altre canzoni, articoli, libri e via discorrendo. “Today is another day” è anche scritto sul poster attaccato al muro, sulla striscia comica del giornale e nella polvere che stai ammassando in un angolo con i calzini sporchi per poi pulire tutto insieme.
Dall’inflessione della tua voce nel pronunciare mentalmente questa frase dipenderà il destino della giornata che hai di fronte.
Il tono è calante, monocorde, quasi cantilenante.
Già, è iniziato un nuovo giorno, ti fremono le narici dall’entusiasmo e le falene ritardatarie si stanno scontrando ciecamente con l’unico angolo buio della stanza da letto. Permetti alle tende di scorrere pigiando l’apposito tasto, fanno un rumore singolare, da gatto strozzato con una palla di pelo. Quando l’agonia giunge a compimento un sole invernale, grigio come l’asfalto che è lì ad attenderti nel caso decidessi di compiere il grande salto, dà vita al tuo volto stropicciato, al pigiama bianco sporcato da innumerevoli lavaggi e dalle tue pupille speranzose e dilatate.
Si prospetta una giornata grandiosa. Per prima cosa dovrai immergerti nella palude burocratica nazionale, in seguito avrai l’onore di consumare un lauto pasto a base di cibo cotto con amorevole cura da un addetto della mensa aziendale, una capatina al bagno in ordine ma stranamente mai dignitoso, qualche fila da qualche parte per qualche motivo con le orecchie foderate da qualche canzone di un qualche dispositivo (è strano e paradossalmente mistico il tuo grado di dissociazione quando metti il pilota automatico, le gambe diventano così quelle di qualcuno, i pensieri anche, i sentimenti anche, i ricordi anche, anche anche) e infine il riposo-dolce-riposo, la stanza dal quale tutto questo è partito, il letto, la luce del sole invernale, la falena ancora intenta a dar capocciate al muro.
Il tono è tendente al jazz, polifonico, quasi gorgheggiante.
Non va bene continuare a marciare nell’indifferenza o, peggio, nell’indistinto. Hai tanti passatempo, sei una persona piena di passioni, svaghi, amici. Un esperto di scherzi, burle, beffe, giri di parole, doppi sensi. Non hai molto tempo per brillare, non hai modo di impegnarti a fondo in queste attività che ti rendono, renderebbero, ciò che preferisci essere, ma c’est la vie, succede, va così.
Oggi no, oggi reagirai. Prenderai ogni singolo spunto e lo renderai vitale. Gli soffierai dentro come un mastro vetraio, lo plasmerai a tal punto da renderlo cangiante e multiforme, un divertimento, un’occasione da vivere. Una cartaccia per terra sarà la ricostruzione di una storia affascinante ed enigmatica, un giallo costruito attorno ad un netturbino trasognato irretito dalla bellezza senza tempo di una luna alta nel cielo notturno. Un nuovo negozio sarà il motivo di una riflessione profonda sui cambiamenti della società, sulla mutazione antropologica sempre in corso e sulla rievocazione appassionata di vecchi conoscenti finiti chissàdove-chissàperché. La mancanza delle uova nel frigorifero ti indurrà a ragionare sul fatidico quesito “prima l’uovo o la gallina?” ma solo per approdare al successivo, e non meno importante, dilemma umano: “chi è stato il primo a pensare che sarebbe stata un’ottima idea assaporare la deiezione solida di un dinosauro in miniatura?” L’attenzione ti porterà ad agganciarti ad ogni appiglio, la sedia rovesciata sul pavimento sarà la scusa per immaginare un te alternativo, violento e macho, in preda ad un raptus terribile (ne senti così tanto parlare!), le voci che vengono dalla finestra spalancata ti parlano invece di una spiaggia assolata, di bibite fresche e … cosa sono? Dei pargoli sgambettanti che hanno l’impudenza di chiamarti “papà”? Papà ci sarete, vorresti dir loro, ma era solo un appiglio, hai già cambiato molo, grazie alla forchetta sovrapposta ad un coltello stai già pensando alla Rivoluzione Russa, all’Armata Rossa, all’Insalata Russa.
Ti fermi. Lo stomaco brontola, la testa fuma.
Ti alzi. La padella fuma, l’acqua brontola.
E’ come se avessi fatto sollevamento pesi mentale. Sei in piedi da trentaquattro minuti e già sei sull’orlo di una crisi di nervi tendente all’illuminazione braminica e al genocidio degli acari. In più, davanti a te c’è un piatto fumante di spaghetti aglio, olio e peperoncino.
C’est la vie, prima viene la colazione, poi penserai ai rimasugli della tua rottamata sanità mentale.
Il tono è virtuoso, alto, a tratti acuto.
Ciao mondo! Hai voglia di gridare ai quattro venti che sono otto ma in realtà chissà quanti. Le coperte sono cadute dal lato giusto, sembrerebbe. Guardati, espressione riposata, muscoli pronti a scattare, pelle tesa e lucida come la superficie di un cranio appena rinvenuto nella catacomba scoperta grazie agli scavi per la nuova linea della metropolitana.
Che vita, eh! Questa vecchia burlona te l’ha fatta ancora.
Un cranio, davvero? Nel nostro secolo, nel nostro millennio? E ancora ci interessiamo a queste cose? Si vede che siamo proprio fortunati, fortunati e privilegiati, vai pensando mentre il contatto delle piante dei piedi con il pavimento ti fa rabbrividire anche l’ombelico.
C’è del latte fresco, lo tracanni e assecondi l’aria generatisi nei tuoi organi interni, la indirizzi, la guidi, la lanci via come un petardo. Ne sei soddisfatto. Ne sei magnificamente soddisfatto.
Attraversi la soglia di casa pensando distrattamente di aver dimenticato le chiavi sulla tazza del gabinetto. Ne ridi e tanto ti basta.
Ne ridi e tanto ti basta.
Ne hai riso e tanto ti basta.
Il tono è … sempre diverso.
Il tono muta ciò che hai e soprattutto ciò che non hai.
E’ una giostra, un carosello di umori.
Non c’è felicità che tenga.
Non c’è tristezza che tenga.
Carpe diem! Gridato al cielo con la voce di Mike Bongiorno.
“Today is another day” c’è scritto sulla pagina bianca del mio computer.
Avevo messo un altro titolo, immaginato un altro argomento ma il tono ha vinto e il risultato è stato questo.
Photo by Luz Cristina Perez Chavez