Una doverosa introduzione

Ho deciso di condividere qui, in questo blog che ridendo e scherzando aggiorno da due mesi e più, l’introduzione che ho scritto per accompagnare l’uscita del mio primo romanzo “Foglie di cotone”. Dopo aver concluso le ultime modifiche del caso, tipo normalizzare la veste grafica dei dialoghi e litigare con alcune scelte lessicali, mi preoccuperò personalmente di pubblicarlo e di diffonderlo gratuitamente a chiunque volesse dargli una chance. Quello che mi auguro non è di gonfiarmi le tasche, non l’avreste mai detto eh?, ma di condividere con chiunque volesse un altro pezzettino di wannabe-arte. Che dite la aggiungo una postilla su quanto sarebbe bello ricevere anche dei feedback?

Buonasera signore e signori, state per leggere un romanzo breve, o un racconto lungo, dal nome ben poco evocativo, ossia “Foglie di cotone”. Che questo primo periodo possa guidarvi gentilmente, ma non troppo, nella fruizione del testo. Se vi state chiedendo per quale motivo io abbia assommato due citazioni dal carattere molto diverso, un incipit calviniano e il famosissimo attacco di una canzone che ha spopolato in lungo e in largo, la risposta è presto detta: per farvi entrare nello stato d’animo che dà corpo al libro, nella sua atmosfera e, adoperando un anglismo sulla bocca di tutti, nel suo mood generale.
Per quanto mi riguarda questa sciocca introduzione potrebbe anche terminare qui. Siete liberi di sfogliare la pagina miei prodi e coraggiosi avventurieri.
Per chi invece avesse un innato istinto masochistico prego, scorrete le prossime righe, non sarò io a fermarvi.
Partiamo da una conquista che mi sta a cuore: preferirei che a parlare fosse solo l’intima volontà della narrazione. Non lo dico per svincolarmi da eventuali critiche o per non assumermi chissà quali responsabilità, ma solo perché credo fermamente che ogni opera abbia una vita propria e che l’intentio auctoris non sia altro che una delle possibili chiavi di lettura. Importante, sicuramente da tenere a mente, ma non esauriente. L’autore dovrebbe morire metaforicamente dopo aver dato i natali ad un qualsiasi lavoro? Secondo me no, è un’ipotesi che trovo estrema. Dovrebbe rimanere un passo dietro ad essa, accompagnarla per poi lasciarla andare e vederla crescere. Qualora non ci riuscisse sarebbe per un suo difetto intrinseco. E quella sarebbe sì colpa dello scrittore o della scrittrice. Dal mio canto immagino la stesura di una storia come il procedimento che porta un mago a creare un golem. In esso, nient’altro che un ammasso di argilla, bisogna infondere la vita affinché non solo si muova, ma senta e faccia sentire. Ecco, sbagliare la formula è facile, è più probabile che il suddetto essere rimanga una statua senza linfa oppure, nei casi più disperati, materiale grezzo venato di disillusione.
Non è mia intenzione fornire troppi elementi per scardinare la struttura di questo racconto, di questo giocattolo, direbbe il giullare che è in me. Oppure per scandagliare l’animo di chi l’ha scritto e dei personaggi rappresentati. Diciamocelo, il testo è stato anche costruito per essere fonte di divertimento, una valida alternativa intrattenente all’osservazione attenta della parete vuota. Non è al pari di un cubo di Rubik ed è sicuramente molto diverso da una partita a canasta o ai quattro cantoni. È improntato su una certa ironia che vorrebbe essere postmoderna ma che, in fondo, ha delle fonti troppo variegate per ricadere sotto un solo cappello. Il sarcasmo, la satira, qualcosa della comicità slapstick, l’incertezza, le pulsioni contrastanti, un citazionismo sfrenato, l’eccesso psicologizzante e il bombardamento comunicativo costante sono solo alcuni degli ingredienti presenti in questo copricapo variopinto che ha più le sembianze di un calderone fumante.
Giunto, infine, alla quarta stesura in due anni, ho deciso fosse arrivato il momento di mandare il pargolo nel grande mondo saturo dell’editoria nostrana.
Siate gentili, non ha ancora imparato a camminare.
E, questa è una postilla per i filologi in erba, anticamente, ossia fino a qualche minuto fa, il libro aveva anche un sottotitolo poi cancellato per una questione di spazio.
“Le storie degli altri e i maledetti eroi”.
Bon voyage.

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