Alla ricerca della catarsi apocalittica

E’ spinoso, di questi tempi, chiedersi se l’arte sia svincolata dalla vita. Soprattutto in un momento storico che sta tentando di affrontare di petto certe questioni sempre ignorate e insabbiate nei modi più creativi.

Reputo che l’arte non possa venir considerata come un’astrazione pura, slegata dalla realtà al cento per cento. Sarebbe come dire che ogni verso di Ariosto narri di una dimensione altrimenti inaccessibile vista dall’autore in un istante epifanico o allucinatorio. E, in questo, staremmo anche conferendo ad una persona, un individuo come tutti gli altri, che non aveva né le antenne né le ali per quanto mi risulta, delle proprietà sovrannaturali. Il buon Ludovico quando si è cimentato nella scrittura della sua somma opera non ha scovato un portale per un altro mondo e non ha nemmeno inventato tutti i suoi mirabili intrecci di sana pianta, senza prendere mai spunto da altro, senza confrontarsi con la tradizione, con le sue esperienze e i suoi stessi ricordi. Ha, con un’arguzia e una maestria da vero campione della letteratura, modellato un materiale preesistente, cesellandolo, istoriandolo, scolpendolo fino a renderlo immortale (o quasi). Questo significa che ha rubacchiato qua e là e basta, che è stato solo un ladro di galline più bravo degli altri? No, o meglio, non solo. Ha agito nella sua opera come agiscono gli enzimi e gli ormoni all’interno del corpo: catalizzando qualche reazione e conducendo ad una risposta sulla base di determinati stimoli. Per dirla con Pirandello, questi processi fanno parte della “magia dello stile” ariostesco.
Tutto questo per affermare una banalità: l’arte prende spunto dalla realtà e se ne ciba per rielaborarla, arricchirla, rappresentarla.

Eppure, in un certo senso, queste due grandi matrone si potrebbero vedere come acerrime nemiche. Paladina della fantasia, della possibilità, dell’anti-determinismo per eccellenza l’una e custode del fato, del destino, del rigore dei fatti nudi e crudi l’altra. L’una consisterebbe in una catena funzionale di eventi e azioni, ben congeniati, apparentemente coerenti, l’altra in una serie di sbalzi e irruzioni che non permettono di sbrogliare la matassa caotica e incandescente che ne forma il cuore pulsante. Su un lato razionalità e intelletto, impegno e dedizione, sull’altro irrazionalità e intuizione, lampo di genio e predilezione. Ecco, consideriamo solo queste sintetiche definizioni. Sarebbe difficile o facile attribuire le etichette di “arte” e “realtà” a questi due insiemi?
Già questa striminzita raccolta di indizi ci dimostra quanto sia complesso tracciare dei confini precisi, confini che però esistono, che non devono essere cancellati solo perché nascosti dalla nebbia. Almeno di questo possiamo star certi, le due matrone camminano tra noi e sono diverse tra di loro. Sono camaleontiche e a volte riescono ad interpretare la parte opposta, ma hanno delle proprie regole che le distinguono vicendevolmente.

Ha senso giudicare un sistema con le leggi di un sistema diverso? Il calcio e il baseball sono sicuramente due sport, hanno in comune il fatto che una sfera sia alla base del gioco, che due squadre si fronteggino per la vittoria e che la componente fisica sia fondamentale e accompagnata dalla strategia e dalla visione d’insieme. Tanto per elencare alcune somiglianze. Questo ci permette di giudicare le infrazioni di un calciatore con i criteri del baseball? Sarebbe sciocco e piuttosto ironico, bolleremmo questa eventualità come una chiacchiera da bar.
Ciononostante, non ci sembra più così strano quando ad essere confuse sono l’arte e la vita reale. Perché trattarle come fossero sullo stesso piano a gareggiare nello stesso campionato? Un attore che si macchia di crimini efferati non ha nessun legame diretto con la sua interpretazione del Tal Tale personaggio che l’ha reso celebre per la sua splendida performance. Dovremmo distruggere le opere di uno sculture solo perché nella vita ha fatto degli errori gravi? Perché abbiamo questa necessità di scovare la purezza là dove c’è solo umanità? Gli esseri umani possono essere talentuosi e disgraziati al contempo, sai che novità!
Eppure, quando si parla di creazione artistica cadiamo nello stesso tranello che ha messo in scacco il pensiero classico sulla fisiognomica: se sei bello sei anche buono, se sei brutto sei anche cattivo. E da questo non si scappava! Una persona gentilissima col naso storto nascondeva di sicuro un terribile segreto mentre un assassino dal bel faccino era sicuramente in combutta con gli dei per il bene superiore, non poteva essere solo mosso da egoismo e cattiveria. Saremmo favorevoli alla cancellazione di buona parte dei monumenti che arricchiscono la palla di polvere sulla quale ci è capitato di strisciare solo perché coloro che gli hanno commissionati sono stati dei truffatori, dei violenti e dei prevaricatori? Ma sì, dai, radiamo al suolo l’architettura e il diritto dei romani, la Muraglia Cinese, la Reggia di Versailles, le Piramidi e Machu Picchu. Ma sarebbe abbastanza? Forse sarebbe meglio criminalizzare anche il pensiero, del resto, non è quella l’essenza dell’umanità, ciò che ci differenzia dalle tanto amate bestie? Di ogni persona che nella vita ha avuto un pensiero negativo nei confronti degli altri distruggiamone gli obiettivi raggiunti nella vita. Per ogni insulto, schiaffo, percossa, uccisione, applichiamo una legge del taglione solo un po’ rivista. Bisogna epurare del resto, abbiamo bisogno di una catarsi dalla portata apocalittica.

Applichiamo le leggi umane ai singoli individui senza demonizzare le eventuali opere d’arte plasmate dalle loro mani e menti. Una sonata di Beethoven che risuona in un Lager rimane un capolavoro musicale e la Divina Commedia letta da un dittatore un’opera intramontabile.
Se non ne foste convinti basterà che ripensiate alla vostra stessa esistenza. Sappiate che la ricerca della purezza porta solo all’estinzione.

Photo by Fons Heijnsbroek

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