Cosa accomuna la libertà di muoversi all’interno di un mondo sì complesso, ma non inaffrontabile, e la voglia di scoprire com’è che andranno a finire le cose, com’è che gli eventi si organizzeranno per dare alla luce una nuova avventura? Il gioco di ruolo e tante altre cose come la vita, l’alcolismo e il buco nero della televisione trash nazionale. Ma questa volta è il turno della prima opzione.
Spiegare cosa significa giocare di ruolo a qualcuno che non ha la più pallida idea di cosa sia è difficile, almeno quanto avere amici perennemente a dieta che ti coinvolgono nelle loro scelte alimentari. Utilizziamo allora barbaramente un procedimento della linguistica classica, ossia l’analisi distribuzionale dei tratti. Cosa abbiamo sul tavolo dell’allegro chirurgo? Tre parole piuttosto comuni, “giocare”, “di” e “ruolo”. Sulla preposizione semplice possiamo anche stendere un velo pietoso, non c’è motivo di specificarla (questa è ironia da grammatici, è molto glamour). Il verbo all’infinito ci interessa particolarmente, è il fulcro di tutta l’attività che vogliamo illuminare. Giocare significa divertirsi mentre si esegue un’azione di qualche tipo, intrattenersi nella scoperta di qualcosa o addirittura lanciare dei sassi piatti sulla superficie del mare per ottenerne tanti rimbalzi da arrivare nel continente più vicino. Qui c’è da mettere in guardia le persone rispettabili per tale infantile scelta di parole: giocare non significa necessariamente ficcarsi le dita nel naso mentre con l’altra mano si disegnano alberi sproporzionati su un foglio bianco. So che ad alcuni può apparire rivoluzionario e un po’ troppo avveniristico, ma provare piacere, addirittura dimostrandolo attraverso il sorriso o una risata, non è una prerogativa degli alunni delle scuole primarie! Superiamo il primo scoglio: stiamo parlando di un gioco.
La terza e ultima parola è più ostica da affrontare, soprattutto per la sua polisemia sfruttata in molti ambiti del sapere. Ma, noi che siamo esploratori alla ricerca del divertimento, ce ne infischiamo di queste sofisticherie, non è vero? Un ruolo è come un vestito in grado non solo di coprire le pudenda, ma anche di cambiare i connotati di una faccia, di un corpo intero, e se non si è soddisfatti, l’intera esistenza con tutti i suoi ricordi-annessi-e-connessi. E’, prendendo tutto con le pinze, una nuova identità potenziale, un archetipo, un modello da impersonare.
Abbiamo i nostri risultati, non ci resta altro da fare che unirli tra loro per vedere cosa uscirà fuori.
Giocare di ruolo significa, sembrerebbe, impiegare il proprio tempo in maniera piacevole sfruttando la recitazione e la fantasia per immaginarsi diversi, se migliori o peggiori non è rilevante. Non c’è bisogno che abbia uno scopo ben preciso e nemmeno che sia utile, produttivo o spendibile. È un passatempo e, come tale, può benissimo scadere in una perdita di tempo oppure in una scoperta inestinguibile, ma questa decisione spetta al singolo individuo. È un’evasione? Certamente, ma non è tanto diverso dal leggere un libro o un giornale, dal guardare un film o uno spettacolo teatrale, e nemmeno dallo studiare tanto da iniziare a confondere le parole stampate con tante piccole formichine alla ricerca di una ciambella da smembrare. È inutile in questa sede citare il fatto che era un’attività ben conosciuta anche durante i passati periodi storici, tanto che durante il Rinascimento fu uno dei divertissement nobiliari per eccellenza. Magari a quel tempo non si faceva finta di essere guerrieri alle prese con il signore delle tenebre, ma a conti fatti poco importa il contenuto, noi qui ci stiamo occupando della forma.
Cosa distingue i giochi l’uno dall’altro? Il fatto di avere delle regole da seguire. Difatti, come per il calcio, il curling e lo sci nautico, anche nel gioco di ruolo ci sono tante piccole indicazioni da tenere a mente per muoversi all’interno di un mondo di fantasia. “Fare finta di” non equivale al fare ciò che si desidera, quando lo si desidera e come lo si desidera. Anzi, implica la nozione di cosa sia possibile nel determinato scenario entro il quale ci si è immersi.
Ma facciamo qualche esempio: Se cinque amici si riuniscono per ruolare un’avventura di stampo piratesco prepareranno dei personaggi da portare in scena che abbiano dei tratti fortemente caratterizzati. Non ci saranno banchieri in giacca e cravatta oppure legionari romani su per le colline, bensì dei barboni puzzolenti con il riflesso condizionato di portarsi la bottiglia di rum alle labbra. E se invece i nostri cinque amici fossero tanto innamorati della loro vita da volerla riprodurre anche nel gioco? Che male ci sarebbe? Basterebbe recitare sé stessi all’interno dell’avventura. Non vi fa venire l’acquolina alla bocca il pensiero di potervi confrontare con una bestia fatata alta cinquanta metri in grado di cancellare intere città dalla faccia del globo? E che dire di poter mercanteggiare con una pulce sul prezzo di un pugnale che ricorda un giocattolo sessuale? Che vi vogliate mettere in gioco in prima persona o attraverso il riflesso di un’altra personalità non importa, ciò che conta è passare del tempo di qualità in compagnia di altri folli visionari.
Photo by Ben McLeod