PoesiaSette – Date un campione a questa divinità

A volte, per coloro che come me si divertono a fare gli schiccheracarte, ci si domanda quale sia oggi il ruolo, il valore?, della poesia. Partiamo da un presupposto inevitabile. Noi, di poesia, siamo circondati. Cosa, non ci credete? Eppure, a conti fatti, è piuttosto evidente. Per poesia non intendo esclusivamente dei componimenti polverosi, amabili mi raccomando, ma polverosi, da manuale di letteratura liceale oppure da scaffale semiabbandonato di una qualsiasi libreria medio-grande, bensì tutte quelle regole, leggi e sonorità che rendono una poesia tale.

Ora, alla larghissima, quasi come la circonferenza di una balena, possiamo anche considerare la poesia come una sorta di scrittura in prosa interrotta e organizzata in unità minime che chiameremo versi, ma, permettetemi questa licenza, tendo ad aborrire questa definizione. E la rifiuto non tanto per alterigia, boria o superbia, anche perché nessuno mi ha mai detto di essere un poeta e io, hegeliano in questo fin nel midollo, finché ciò non verrà riconosciuto dall’esterno non lo prenderò per vero, ma dicevo, non la rifiuto per arroganza, bensì per un mero fattore estetico. Dico io, non è triste prendere una frase e spezzettarla come si fa con una tartare ed essere convinti di aver composto una poesia? Io vi conosco, lettori miei, e so che tra di voi si nascondono quelli che pensano che l’arte vada divisa insindacabilmente dalla tecnica. Come a dire che un artigiano non potrà mai e poi mai elevare la sua abilità ad arte per via di … uno sciocco pregiudizio, come spesso accade. Ed è per questo motivo che, lo giuro e spergiuro fin da ora, affermo che nella poesia c’è perlomeno tanta tecnica per quanta arte ne innervi le paroline scribacchiate sulla carta igienica degli autogrill. E, visto che sono un essere petulante, pignolo e perfezionista, vi farò un altro esempio che richiama una certa, e alta, opera d’ingegno novecentesco:

Questa
non è
una poesia.


E il concetto, credo, lo abbiamo portato a casa. Uno a zero e palla al centro.
Tuttavia, potrebbero notare i più arguti di voi, e io so che siete acuti come gli angoli di un triangolo isoscele, tu ci stavi dicendo che la poesia è in verità in ogni dove, ci circonda e ci fa sentire anche un po’ idioti visto che non ce ne rendiamo conto. Ed ecco che sì, sono qui a portarvi la bella novella. Sapete i jingle pubblicitari quali strumenti utilizzano per rendere catchy le melodie? Metafore, analogie, similitudini e un rozzo condizionamento di stile pavloviano, del tipo “canta bastardo qui c’è il tuo idolo che promuove una macchina da caffè” e tu canti, noi cantiamo, essi cantano e la la la. E invece per quanto riguarda gli slogan politici? Figure di posizione, figure di parola, ancora una volta analogie dirette come frecce verso le pance di tutti gli ascoltatori. Addirittura i titoli dei giornali, delle riviste, delle notizie date nei programmi scandalistici, durante le interviste, nei podcast e perfino negli sconti del supermercato vengono impiegate le armi dell’arsenale poetico. Mischiamo gli artifici della retorica, quelli dell’oratoria e della metrica ad un pizzico decisivo di sanissimi messaggi subliminali ed ecco ottenuta la ricetta per farvi ripetere, anche a distanza di molti anni, cose del tipo “giochi-preziosi”, “easportstzenegheim” e “ravensburger”. Sì, ci sono andato molto leggero con le citazioni, ma ormai il classico “io sono X, sono una madre, sono blablabla” è alquanto inflazionato e, diciamocelo, ha rotto le uova nel paniere, per essere fini (un biscotto per coloro i quali coglieranno questo misero gioco di parole, gioco di parole, o bisticcio, che tra l’altro è una di quelle figure retoriche spesso usate anche in poesia!).
Pensandoci in questi termini appare piuttosto radicale l’influenza della poesia nella vita di tutti i giorni, non è vero? Rifletteteci quando passate accanto ad un cartellone pubblicitario sull’autostrada, quando la mattina vi svegliate canticchiando un motivetto ridicolo e quando vi rendete conto che la vostra intera vita intellettuale può essere riassunta in una decina di vecchi proverbi popolari. In sostanza, siamo circondati, dobbiamo alzare le mani al cielo e aspettare che ci vengano messe le manette.
Per questo, e per altri motivi in realtà tragicamente più importanti, la poesia non è morta e non morirà tanto facilmente. La poesia, in sé, è quasi immortale a ben vedere, è un insieme di tecniche perfezionate e stratificate negli annali della storia. Questo non significa che la poesia sia tutta forma e poca sostanza, bensì che entrambe le dimensioni vadano rispettate come meritano. Un sonnacchioso sonetto perfetto, composto da due quartine e due terzine di endecasillabi puntualissimi, tutti piani e legati da rime alternate deliziose, se non supportato da un contenuto altrettanto forte, rischia di diventare cibo per topi da biblioteca.
“Guarda, un endecasillabo a maiore con accentuazione tonica sulla seconda!”
“Ma vogliamo parlare di quell’endecasillabo a minore con accento sulla settima?”
No, non ne vogliamo parlare se non perché sottolinea ed evidenzia un tema sentito, una metafora particolarmente riuscita oppure uno squisito fattarello vero, di quelli sapidi e intriganti.
La tradizione ci insegna che il linguaggio, e i vari modi di manipolarlo, ha lungamente influenzato e plasmato la società. Oppure, più semplicemente, ha testimoniato ciò che era, ed è, davvero importante per i parlanti. La poesia rientra in questa dinamica, che ci piaccia o meno. Ha avuto forme diverse nel corso dei secoli e oggi pare sia tramontata del tutto, ma ricordate, è giunta, forse, al capolinea una delle sue manifestazioni, non la Poesia in quanto tale.
Come a dire, il profeta è vecchio e ci sta per abbandonare, ma la divinità è sempre in forze e in attesa di un nuovo campione.

Photo by Jr Korpa

2 risposte a “PoesiaSette – Date un campione a questa divinità”

    • Credo che la poesia sia un felicissimo connubio tra la forma e il contenuto. Sicuramente è anche una libera espressione dell’anima, anzi, di sicuro ne è il primo motore e la scintilla più bella. Al contempo però ci sono delle “espressioni” che rischiano di non essere comunicate se non vestite con i giusti indumenti. E’ un po’ come dire che la bellezza va coltivata e non la si può lasciare allo stato brado senza alcun tipo di intervento. Tutto questo lo penso esclusivamente perché reputo la poesia, come qualsiasi forma d’arte, un atto di comunicazione, che sia con sé stessi o con gli altri.

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