Zio Ben salva un mondo che ci limitiamo a guardare

L’etica è un po’ come la coscienza. È un sostantivo femminile, termina in a ed è una compagnia alquanto fastidiosa quando … si deve prendere qualunque tipo di decisione. Sì, perché non la si può rispettare una volta per ignorarla durante il resto del tempo e, peggio ancora, non la si può rispettare sempre per infrangerla solo di tanto in tanto. L’etica ha una voce sgraziata, da stereotipata vecchina fattucchiera, sa parlare, ahimè, molto bene e le sue ragioni sono frequentemente inattaccabili. E lo sono non tanto per la giustizia intrinseca che rappresentano, bensì per il fatto di appellarsi a dei valori tanto alti e intangibili da confondersi facilmente con un’espressione fatta da vero romanzo fantasy: il bene superiore.

Eppure, l’etica, benché noiosa e antipatica, ci fornisce delle linee guida solide. Volete far scontrare la macchinina telecomandata di vostro figlio contro il muro per evitare di svegliarvi nel cuore della notte a causa dei suoi tamponamenti? Oppure volete dire a quell’uomo di cinquant’anni, in coda alle poste, che dovrebbe ficcarsi in un gommone, circumnavigare il globo, doppiare il Capo di Buona Speranza, il tutto con uno smagliante sorriso, e infine chiedere asilo ad un paese straniero che di sicuro lo rifiuterà? Voi potete farlo, ma ecco, l’etica potrebbe non essere molto d’accordo. Ci sono modi e modi, mezzi e mezzi, per far valere le proprie opinioni.
Questa anziana capricciosa, che si lamenta del fatto che nessuno dei suoi otto miliardi di nipotini la venga mai a trovare, ha numerose teste siamesi, se così si può dire, piccole protuberanze secondarie dotate di un cervellino tanto molesto per quanto brillante. Una di queste pustole metafisiche si chiama Responsabilità, ed è una porzione di carne ben strana a ben vedere. Innanzitutto, connette il singolo, l’individuo, alla collettività. Cioè, è come se fosse un cordone ombelicale che si materializzi nel momento in cui alcune azioni ci portano ad avere delle persone alle nostre dipendenze. Chiariamoci, non parlo di quelle dipendenze in stile servo-padrone, o datore di lavoro-subalterno, che tanto piacciono ad Hegel e agli spogliarellisti, e nemmeno a quelle di carattere più elettrochimico come le droghe, le attività sportive, la vigoressia e bla bla bla, bensì a quei rapporti piuttosto comuni che intrecciamo respirando la stessa aria di qualcun altro. Non mi credete? Bene, diamo il via alla lotteria degli esempi strambi!
Se, poniamo caso, il vostro coinquilino vi chiedesse di pulire il forno in modo tale da arrestare la crescita purulenta di una colonia di esseri alieni e vagamente antropomorfi e voi, diligentemente, evitaste di farlo, quale sarebbe la più immediata conseguenza? Facile, casomai questa nuova razza autoctona della vostra cucina si decidesse a muovervi guerra, perlopiù vincendo, non ve ne potreste lamentare.
Ancora. Se il vostro cane avesse un problema intestinale e voi foste costretti a comprargli le medicine di ritorno dal lavoro, cosa succederebbe se, per stanchezza o qualsiasi altro motivo, decideste di non corrispondere questo desiderio odor di zolfo del vostro adorabile compagno quadrupede? Lui non guarirebbe, anzi peggiorerebbe, e, magari, potrebbe avere la geniale idea di farvelo presente abbaiando e guaendo tutta la notte, creando una spirale infinita di ritorsioni tra voi e i vicini di casa incattiviti.
E, vi assicuro, si potrebbe andare avanti così all’infinito. Le responsabilità si formano e si sfaldano in un niente, spariscono come zucchero filato nelle mani di un bambino. Maggiore è l’impegno, maggiori sono i pesi caricati sulle spalle. Se dobbiamo decidere della sorte di un insetto possiamo confrontarci con la vita a cuor leggero, mentre nell’istante in cui abbiamo tra le mani il destino di un gruppo di esseri umani ecco che la pressione inizia a farsi sentire, appesantendo non meno il corpo della mente. Una frase meritatamente famosa è secondo me “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Lo so, citare lo zio Ben non è una mossa da filosofo esperto, ma ha un suo perché. Io credo, magari erroneamente, che avere qualcosa in più di qualcun altro deve essere frutto dell’impegno, tuttalpiù di una fortunata serie di eventi. Postulato che chiunque deve essere messo nella condizione di sopravvivere dignitosamente, tutto quel che viene dopo, quel plus di servizi, occasioni di svago e comodità, deve essere sudato. Anche per dargli un certo valore, no? Senza stimoli ho il sospetto che la nostra specie si estinguerebbe nell’indolenza, oppure si scinderebbe in due gruppi grotteschi come ne La macchina del tempo di Wells. Ma quali sono questi poteri? Il prestigio sociale, ad esempio. L’istruzione, la prestanza fisica, la bellezza, l’intelligenza e il conto in banca astronomico. Quindi sì, sono una di quelle persone molto idealiste che reputano necessarie sfruttare i propri vantaggi per aiutare il prossimo. Anzi, vi dirò di più, credo sia un compito delle persone che godono di questi privilegi. So che a volte sono frutto di un’eredità biologica e non dico certo che una persona di bell’aspetto debba per forza considerare il mondo una sorta di harem perché “tutti meritano un po’ della mia bellezza”. Quel che sostengo è la necessità di non permettere al potere di superare dei limiti che, nei fatti, eleva certe persone a semi-divinità scese in terra.
Hai deciso di dedicare la tua vita allo studio? Hai ottenuto due lauree e, com’è giusto che sia, ambisci ad avere uno stipendio sostanzioso? Va benissimo, ti sei impegnato e lo meriti, ma quei bei dindi sonanti che ti ficcherai nel portafogli non ti verranno concessi in virtù del tuo percorso di studi pregresso, bensì per il modo in cui lo metterai in pratica.
Sei uno scienziato promettente preoccupato del cambiamento climatico? Bene, mettiti in gioco e fai valere le tue capacità. Di sicuro, a livello probabilistico, avrai molte più chance di trovare la soluzione di un idraulico, un notaio o di un cardiochirurgo. Quindi sì, ti riconosco il tuo status di individuo intelligente, costante e volenteroso, e mi sta bene che la tua busta paga pesi quanto un lingotto d’oro, ma ricorda che il “peso della conoscenza” non si vaporizza in cene all’all you can eat e vestiti firmati. Quando servirà il tuo aiuto nella risoluzione dei problemi globali, dovrai essere nelle prime file. Necessariamente.
Impegnarsi per ottenere dei vantaggi è cosa buona e giusta.
Impegnarsi esclusivamente per ottenere dei vantaggi è da villain psicopatico.
È una distinzione che considero di vitale importanza di questi tempi.

Photo by DeepMind

2 risposte a “Zio Ben salva un mondo che ci limitiamo a guardare”

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