Io ho un problema con gli Stati Uniti d’America. Un problema alla fine facilmente risolvibile che però, pur di mantenere l’inside joke con i miei amici, evito di affrontare costruttivamente.
Ho una mia idea sull’effetto che ha avuto la cultura statunitense sul resto del mondo, Italia compresa. Credo abbia lentamente eroso i sistemi che ha trovato lungo il suo cammino innescando delle trasformazioni che, benché reversibili in partenza, sono adesso giunte tanto in profondità da permetterci di dimenticare ciò che c’era prima. È un meccanismo molto conveniente e la memoria umana lo facilita con garbo, come quando, ad esempio, evidenzia i ricordi positivi e indebolisce quelli negativi. Siamo fatti così, un’allegra miscela di abitudini, oblio e carpe diem. Se il prima non viene riprodotto, ricordato e portato in scena, non può essere tramandato. Se non può essere tramandato solo pochi appassionati saranno in grado di riscoprire le radici di quello che siamo o che, perlomeno, eravamo. Non sono un fanatico delle tradizioni e nemmeno un conservatore-macchietta che inneggia al mos maiorum, mi limito a circoscrivere la nostra vita ad un insieme di stimoli che ci rendono quello che siamo. Oggigiorno il tema “radici” va molto di moda, autobiografie e memoir assiepano gli scaffali delle librerie e si sente, nell’aria, il bisogno di storie vere, genuine e travolgenti. Che sia il segno del fatto che le nostre vite stanno diventando gradualmente prive di esperienze e colme di immagini riflesse? Non lo so, lascio a voi l’onore di rispondere. Ma sta di fatto che questo tipo di narrazioni sta imperando nel panorama culturale con una scioltezza invidiabile. E non solo, le “origini” sono dappertutto, nei romanzi e nei saggi critici, nei programmi di cucina e nelle televendite, nei video di YouTube e negli anfratti della parte più oscura del web. Quindi, a mio modesto avviso, affermare che non ci interessino è come lanciare il sasso e poi tagliarsi la mano e scagliarla oltre la staccionata compiendo un perfetto fuoricampo da Major League. Ci piace crogiolarci nelle origin stories dei supereroi, dei grandi divi del cinema e di quegli individui che hanno superato delle difficoltà sorprendenti raggiungendo, infine, l’agognato successo. Ci piace perché, umanamente, il messaggio che ci arriva è chiaro e diretto: chiunque può farcela. Chiunque, sì, soprattutto quando sacrificio, impegno e fortuna si allineano nel cielo a formare una costellazione che raffigura una freccia nella direzione scelta. Certo, yes we can, ne siamo sicuri pur nelle nostre insicurezze liquide e postmoderne, il sogno americano è sempre dietro l’orizzonte, lì, sotto sotto lo vediamo, basterebbe un piccolo balzo, un saltello, e saremmo arrivati. Quella radura da colonizzare e quelle bestie da addomesticare non sono state poste lì dal Signore affinché noi le conducessimo sulla retta via? Quegli errori della natura non sono stati concepiti per essere mondati dal peccato e purificati dall’indefessa costanza del puritano fuggito dalla madrepatria per trovare un’ora d’aria libera nel nuovo continente usurpato e strappato ai suoi legittimi abitanti?
Samuel Smiles, stavolta un britannico, ha coniato verso la metà dell’Ottocento una di quelle espressioni che ancora ci ripetiamo come mantra autoipnotici: volere è potere. Ed è questa, in sostanza, la grande scoperta dell’acqua calda dell’american dream. Impegnati, costruisci, rielabora, sgraffigna dove puoi, sii furbo, severo, conquista e gestisci, amplia, assumi, assumi, assumi, comanda e guarda. Cosa? Il tuo sterminato impero costruito sui calcinacci. La tua grande fabbrica di motori, di viti, di attrezzi da giardinaggio, materassi, lampade e betoniere i cui stipendi non raggiungono il minimo salariale e non lasciano scampo a quegli operai che, giunti successivamente, guardano quell’ideale oltre l’orizzonte con gli stessi occhi di Romeo. Eppure, Giulietta, più passa il tempo più si allontana. Giulietta, o meglio la Fiona di Shrek, vede la sua torre alzarsi sempre più, il suo drago farsi più feroce e maligno. Però funziona! Funziona davvero! Ve lo può testimoniare Palmiro Mazzancolli, italiano emigrato negli States e ad oggi grande fornitore di pesce in tutto il continente nordamericano! Peccato che per ogni Palmiro ci siano diciassette Egidi che sono finiti sotto alle rotaie di una ferrovia in costruzione, quarantasette Marcelli in catene per reati non commessi e svariate centinaia di Astolfi dimenticati dalla storia, dalla famiglia e dal consorzio umano. E vi assicuro che a tutti loro la madre aveva detto prima di partire vedrai che farai strada!
È vero, l’hanno fatta, cementando le fondamenta di un sogno contraddittorio nella sua più viva essenza.
Sono estremamente di parte, poco obiettivo e stancamente ripetitivo in questo articoletto, ne sono consapevole. Tantopiù che molte conquiste tecnico-teoriche vengono proprio dagli USA e che, nei loro secoli di indipendenza, hanno generato molte delle comodità che oggigiorno ci ritroviamo a consumare come il pane quotidiano. Non voglio dire che siano dei nemici, per carità, e nemmeno additarli come coloro che hanno rovinato il mondo. Noto solo, con dispiacere, quanto sia omologate e prevaricatorio il loro modo di fare. Di tutti gli americani? Certo che no, poveri cristi, che hanno fatto di male. Ma quello che giunge da noi, nelle nazioni satellite del grande sistema americanocentrico, è la percezione di essere la squadra di mezza classifica che si confronta con gli ubermensch purosangue del grande campionato americano. Loro esportano, insegnano, mostrano la via. Noi ascoltiamo, come discepoli attenti, aspettando che dal cilindro tirino fuori qualche magia degna del loro secolo di dominazione ad oltranza, della loro democrazia esportata e del loro declino momentaneo che, sebbene manifesto, ci limitiamo ad accettare come un dato di fatto da imitare.
Prendiamo il cinema, ad esempio. In quanti riescono a guardare un film che non sia costruito con tutti i crismi dello stile hollywoodiano? Cosa pensiamo di fronte ad una pellicola squisitamente norvegese, deliziosamente romena, leccorniosamente (?) italiana o spagnola o tedesca? Che non vanno bene, che hanno dei difetti evidenti, che non sanno catturare l’attenzione per più di cinque secondi, che, per essere giovani, sono cringe, imbarazzanti, quasi vergognosi.
Ma tutto questo rantolante e bofonchiante disprezzo malcelato da cosa viene? Dalla visione di una serie che mi ha fatto orrore, ossia Invincibile. Chiedo scusa ancor prima di inspirare la prossima boccata d’aria, ma reputo quel prodotto una presa in giro colossale, un carrozzone di imitazioni economiche con chissà quanti dollaroni di budget. La mia è una provocazione, ovviamente. Tutto quel che contiene questo testo è, nei fatti, una becera provocazione. Un’arringa da azzeccagarbugli. Un pannolino sporco lanciato in faccia agli adulti che parlano di politica. Ma, insomma, è o non è una serie che sfrutta gli stessi meccanismi dei jingle pubblicitari e dei tormentoni estivi? La guardi quasi volentieri, la finisci, ecco che ti accorgi che non ti ha lasciato nulla. È vuota, priva di qualsiasi contenuto, ma è impacchettata tanto bene che, a pensarci, magari ti riviene anche l’acquolina. L’unica cosa, a mio avviso, che ti tiene incollato allo schermo è un meccanismo subdolo da cane pavloviano: la tensione che si genera alla fine del primo episodio. Wow, violenza, ma non mi dire, che cosa innovativa. I personaggi sono sempre in pericolo? Ancora wow, questo è superlativo, rivoluzionario. Poi vai a vedere i suddetti personaggi e, neanche troppo velatamente, sono tanto piatti da meritarsela una bella scoppola supersonica nel grugno.
…
Forse questa volta ho esagerato.
Pardon.
Riferimenti:
Basta una ricerca al volo sul condizionamento classico di Pavlol, su Samuel Smiles e sulle nevrosi di un ventenne a metà prima degli enta. Guardate Invincibile su Amazon Prime (ma ancor più Shrek) e fate un giro nei libri David Foster Wallace e Philip Roth.
Photo by fukuyamamo (credo, c’erano solo kanji)
8 risposte a “Radici in salamoia a stelle e strisce”
Sicuramente la cultura o forse meglio,i costumi del “nuovo mondo” sono un’amalgama di patrioti bambini,criticabili e censurabili fino allo sguardo esteso all’intero mondo,ove si riscontrano qua e la analogìe – anche emulatrici,come ampiamente è accaduto in Italia, nelle abitudini gastronomiche,comportamentali,linguistiche: per un esempio, oggi l’idioma nostro è imbastardito in maniera irritante,disfunzionale,ridicolamente e stolidamente. Resta la considerazione: se si è tanto deboli,insicuri, facilmente suggestionabili da accodarsi, incorporarsi e farsi incorporare imitando, la “colpa” deve essere divisa tra A e B…
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Perfettamente d’accordo, per ogni prepotente che agisce liberamente esiste una vittima che si fa schiacciare impunemente. Potrebbe non essere questo il caso ma, di sicuro, come ben dici una parte di colpa risiede su entrambe le sponde del fiume.
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Mi spiace ma non ho nessuna voglia di guardare Invincibile. Per molte cose concordo con te, l’influenza Americana in Italia penso che sia palese a tutti. Buona serata.
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Non li sopporto.
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Ho un po’ di timore anche solo a scriverlo, ma diamine quanto sono d’accordo
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Concordo con te e come Silvia anch’io penso che L’influenza Americana qui in Italia sia più che mai evidente. Buona serata
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Buona domenica anche a te, Giusy! Ciao! 🖐️☺️🤗🌃
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Impareremo a trovare un equilibrio. O, perlomeno, è quello che mi auguro!
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