Detto, Visto e Fatto: Le tre scimmie dell’accidia

L’idea che una storia vada costruita non è immediata. Come tutto quel che esiste, anche le narrazioni possono essere separate in segmenti e analizzate attraverso le proprie componenti più essenziali, nucleari. Ciò non significa, ovviamente, che un narratore sia una specie di scienziato che prova a far reagire delle formule le une con le altre alla ricerca dell’elisir di lunga vita e nemmeno che il mestiere dello scrittore sia equiparabile a quello del matematico. Il nudo fatto è questo: tutto può essere scisso, scomposto e vivisezionato al fine di carpire i segreti della materia, reale o fantastica che sia.

Quando si racconta una fiaba a un bambino, o meglio quando se ne inventa una di sana pianta, si seguono degli stereotipi piuttosto comuni e conosciuti per raggiungere l’effetto desiderato. Quando invece, dopo ponderatissime cogitazioni avvenute al gabinetto, si trova la chiave di volta per ingannare qualcuno e per manipolarne la percezione, ecco che si ricorre allo stesso patrimonio di stereotipi. È un baule collettivo che si crea nell’interazione, nella comunicazione e, soprattutto, nella riproduzione dei modelli. Questo scrigno di gioie preziose è un repertorio fondamentale per tutti noi, sia per quanto riguarda le storie che raccontiamo e ci raccontiamo – del resto i nostri ricordi sono, a pensarci, i fotogrammi del film della nostra vita – sia per le impressioni che di giorno in giorno popolano e arricchiscono le nostre giornate. Pensiamo ad un novelliere del profondo Sud che decide di avviare un racconto scrivendo era una notte buia e tempestosa … oppure ad una ragazza sventuratamente finita sulla sedia a rotelle che discorre di uccelli che volano alti nel cielo (magari bagnandosi le guance figurandosi un gabbiano Jonathan Livingstone alle prese con la sua ascensione). I pensieri possono essere così visti come rielaborazioni costanti di quel che è, con un verbo essere inflazionato dal gusto propriamente ontologico, e come il frutto di una cucina che mescola sempre gli stessi ingredienti – o quasi – ottenendo pietanze tutte personali.
Intuitivamente si potrebbe organizzare un esperimento piuttosto semplice: prendiamo cinque persone di nostra conoscenza, mettiamole a bagnomaria, cioè, mettiamole in una stanza confortevole e chiediamo loro di scrivere cinque brevissime storie, ma che dico storie, facciamo spunti, ma che dico spunti, facciamo appunti stenografati. Consegnata una stessa traccia ai cinque valenti topi da laboratorio, sistemiamoci comodi sulle nostre poltrone girevoli mentre un gatto arancione ci fa le fusa sul grembo e cinque individualità rielaborano la stessa linea guida giungendo a risultati inaspettati, diversi e squisitamente psicanalizzabili (me lo potevo risparmiare questo, ma tant’è). Si otterrebbe lo stesso risultato chiedendo ai nostri soggetti di calciare un pallone verso la porta, di cucinare un piatto partendo dagli stessi ingredienti oppure nel tentare un approccio con una persona da corteggiare. Okay, e con ciò? Non vi trovate stretti anche voi nei panni di coloro che vogliono tutto già detto e scritto? Non pensate che sia una concezione limitata e limitante della vita, tanto da poter arrestare ogni movimento poiché, del resto, tutto è già stato anche fatto?
Io trovo questo assunto particolarmente miope e accidioso, ma c’è da dire che sono di parte.
Sì, magari la letteratura mondiale può essere riassunta negli archetipi generati nella Grecia classica, se ne può parlare. Ma, ancora una volta, con ciò? Cosa dovremmo farcene? Nulla di nuovo sotto il sole, è davvero questo lo spirito che vogliamo assumere per affrontare quello spiraglio di possibilità che è il presente?
Saremo pur esseri banali, ripetitivi e scontati, posso concederlo, ma nella storia, nella Storia, abbiamo stratificato un’eredità di racconti, emozioni, sentimenti e ideali che fatichiamo a ignorare. Le persone trasudano vitalità anche quando tutto sembra giunto al termine, anche quando la proverbiale speranza è già defunta da tempo. Ed è in questa urgenza, in questa necessità di vita che fioriscono arte, scienza, religione, astroquelchevipare. Tutto è già stato detto? Ebbene, ciò non toglie nulla alla vostra ripetizione. Mi raccomando però, che sia sentita e intensa, come fosse la prima volta che quelle parole vengono scoccate e quei gesti performati.
Cresciamo, anzi, concresciamo, anche quando non ce ne accorgiamo. Assorbiamo, quando ci sentiamo indifferenti. Palesiamo, quando la paura di nasconderci attanaglia le giornate. Sopportiamo, quando tutto sembra indicare che il naufragio non solo è vicino, ma ha già avuto luogo.

Photo by Joao Tzanno

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