Personaggi senza rotelle per la bici

Sono seduto alla mia scrivania e penso di dover ideare le caratteristiche di un nuovo personaggio. Come se fossi nel database di una serie tv crime americana mi spuntano nella mente i nomi e i profili di quelli a cui ho già tentato di dare vita. C’è quello spigliato, simpatico, un po’ fanfarone. Quello intellettuale, forse arido ma appassionato. Quello che nella vita avrebbe solo voluto guardare i cerchi concentrici formarsi nelle pozzanghere.

Le etichette, perché all’inizio di questo si parla, nude etichette, tentano di prendere vita sulla pagina sgomitando. “Non siamo solo questo” sembrano voler gridare dal basso della loro natura di pixel e, quando proprio ci si sente in vena, d’inchiostro. Ed è innegabile, non sono solo questo. Mettiamoci il peso da novanta sopra: non devono essere solo questo. Perché scrivere un personaggio per renderlo piatto, senza anima? Cosa può trasmettere una macchietta, uno stereotipo, ad un lettore che tanto avrebbe di meglio da fare che stare seduto su una poltrona a leggere dell’ennesimo fantoccio alle prese con eventi scollegati dalla propria vita quotidiana?
C’è sempre modo e modo di fare le cose e non credo di avere la ricetta esatta per evitare questo problema. Ammetto anzi di ritenere alcuni dei miei personaggi poco riusciti, poco efficaci, insomma in soldoni inerti. Nemmeno morti, perché la vita non ce l’hanno mai avuta.
E’ nella ricerca di questa scintilla però che apprezzo il mio tentativo. Non ho mai preso in mano la penna con l’intenzione di tirar fuori dal cilindro una sagoma di cartone priva di sentimento, mai. Tutto ciò, forse paradossalmente, mi porta ad apprezzare ancor di più il tentativo. Come a dire “sono ancora qui che ci provo, a volte riesco, a volte fallisco”. In quegli istanti percepisco istintivamente la bellezza della creazione, il potere di dare linfa a qualcosa di astratto. Per scomodare un grande dei nostri tempi, il caro signor McEwan, si potrebbe dire che lo scrittore prova una felicità tutta particolare quando si rende conto di aver accostato brillantemente due parole, due frasi, magari un intero periodo. Chissà se questa “felicità particolare” è l’ingrediente segreto per creare un personaggio in grado di stare in piedi da solo.

Vai, corri più lontano che puoi e non tornare mio caro personaggio.
E se non ti do un nome non è per cattiveria, ma solo perché mi farebbe troppo male sapere che una volta creato ti sei già allontanato da me così tanto.
Perché alla fine ogni singola riga proviene dall’intimo di un creativo.
Anche tu che sei un fanfarone, anche tu che ti astrai nella tua torre alta da mago, anche tu che ti accontenti della pioggia e delle pozzanghere.
Anche tu che stai leggendo, perché non essendo qui con me, adesso, nel qui ed ora, hic et nunc, sei solo un lettore immaginato, una bella fantasia, un’intuizione.

  1. E’ sicuramente così, ma ormai alla mia età ho imparato a fregarmene anche del galateo, preferisco dire quello che penso,…

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