Il male assoluto è sceso su di noi. Librandosi come un pipistrello ci ha coperto con l’ombra delle sue ali. Noi siamo solo esseri umani, piccoli, indifesi, volenterosi ma incapaci esseri umani. Perché, alla fine della fiera, sì, ma degli orrori, non sappiamo come imprimere la minima sterzata al corso degli eventi. Tumultuosi, irrefrenabili, ineluttabili, sono Loro, armati di tutto punto della sicurezza di finire sui libri di storia. Insignificanti, minuscoli, effimeri, siamo Noi, noi tessuto sociale disgregato, noi filo di un legame spezzato, noi centro e nucleo di un reticolo interrotto e di una ragnatela cedevole.
Sono i mostri, infine, eccoli che bussano alle nostre porte. Hanno il nostro volto, esibiscono movenze da terrestri, parlano con la voce storico-naturale che li ha cibati, con la prossemica decisa di secoli e secoli di assestamento culturale. Hanno artigli nascosti sotto le unghie curate, occhi di ghiaccio, algidi come le vette innevate, cuori di pietra, di quella pietra solida di cui solo le ideologie più monumentali sanno munirsi. Sono figli del flusso, del Disordinato, dell’Ordine che lascia il trono, si allontana, si sdraia sul ciglio della strada, no, sui binari e pensa “è il momento! E’ il momento!”
Eppure, il momento non arriva mai. Lui aspetta, spera, prega e l’istante non lo investe. Bestemmia, impreca, maledice e l’attimo continua a non schiantarlo in un’altra dimensione. Non gli resta che trovare la forza per alzarsi, imbracciare il suo corpo di cartapesta e volare come gli aeroplanini improvvisati dai bambini. Eccola, eccola la luce del treno, finalmente, bisognava solo sfidare la sorte e farsi colpire dal cinismo della probabilità!
E invece, ancora una volta, è un grande no.
L’Ordine drizza le spalle
e si stiracchia.
Si siede
e poi si sdraia.
E’ del resto tutto impegno
mantenere l’equilibrio.
E in questo i mostri sguazzano, si riproducono. A loro non serve nemmeno occupare il potere, il trono è già vuoto e tanto gli basta. Ma chi sono queste losche figure che tutto decidono? Licantropi o vampiri? Sfingi o giganti? Sono Solo Persone Ammanicate, Persone Sulle Alte Poltrone. Individui-figli di un’idea, imprigionati nella gabbia dorata delle sicurezze più transeunti, delle follie più astruse. Hanno le mani tinte di rosso, vino e sangue. Hanno le brache calate, ma nessuno le può additare.
Sul volto il ghigno dei vincitori, di chi, ancora una volta, sa che finirà sui libri di storia.
E se non sono mostri queste figure, questi cristalli di malvagità, cos’altro potrebbero essere? Rinnegano che i simili abbiano diritti e ne calpestano i corpi come fossero coriandoli. Promuovono il clan di cui fanno parte, cancellando il merito da ogni vocabolario. Innestano tumori per scientifico pudore, avvelenano i pozzi per quieto vivere e garantiscono lo status quo minacciando un assalto che mai riceveranno. Considerano gli altri carne da cannone, scudi epiteliali, tuttalpiù pioli da impilare per scalare infinite rampe.
E non ci si può far niente! Sono mostri, nonostante ci assomiglino, sono mostri signoramia, scappati dal Sotto-Al-Letto dei bambini, dall’Armadio Degli Scheletri e dal Cassetto Dei Sogni Sempre Da Socchiudere.
Tu, pavido insetto,
proprio tu, allocco, inetto,
sempre tu, pigra bestiolina,
fatti accarezzare
che al posto dei miei piedi
hai tanto ancora da marciare.
Qui si vaneggia di creature soprannaturali. Di fiere degne dei peggiori bestiari.
Ebbene, tutte menzogne, fandonie, bugie.
Ma quali incubi millenari! Ma quale inettitudine dei buoni! I mostri sono tali perché così li dipingiamo. Perché di lunghi mantelli neri li dotiamo, di intelletto superiore benediciamo. Sembra sempre che sappiano tutto, che stiano giocando a scacchi con l’intero genere umano. C’è questa idea, che siamo un loro passatempo, un gradevole divertimento. Ché nati per regnare, conquistare e sottomettere, siano padroni della Terra come del Tempo. Davvero è il caso di spaventarsi di fronte a illusioni tanto infantili? Io credo che dimostreremmo solo pietà e compassione nello scuotere questi bamboccioni viziati e convinti che il pianeta sia un parco giochi.
Al mostro, al mostro
come al lupo, al lupo,
ché aver per nemico
un fiero avversario
è ottima scusa
per tornare a dormire.
Ci sono stati l’Olocausto, il male supremo, il genocidio degli Armeni, il male terribile, lo sterminio dei nativi americani, il male incancellabile, il rozzo colonialismo imperialista, il male da sfatare, le Torri Gemelli, il male da fissare stravolti alla televisione, i desaparecidos, il male da ignorare, il massacro di piazza Tienanmen, il male mai avvenuto secondo i solerti aguzzini, la guerra d’Ucraina, il male dietro casa, quello che lascerà le sue impronte nere e funeree sulle cronache e nella mente dei cittadini di tutto il mondo. Che ricorderemo, come ricordiamo ogni singola vita persa nel Mar Mediterraneo. Che continueremo ad onorare, come blasoniamo il nostro orticello e ci diciamo che, in fondo, “non avremmo potuto far di meglio”.
Se davvero ci dobbiamo impegnare
che avvenga per ricordare,
ché tanto si sa
quanto siam bravi a scordare.
Il male. Quale magnifica invenzione! E’ un buon modo, sintetico ed efficace, per dire che qualcuno ha sbagliato, fallito, distrutto. Ma quando diventa assoluto, addirittura inconcepibile, è lì che si ride della grossa. Come può essere insondabile quando ne abbiamo le prove davanti agli occhi? Cosa c’è di irrealizzabile nella lucida follia dei “mostri” di cui sopra? Il male è un errore umano, questo male specifico di cui stiamo parlando s’intende, che non va incensato né tantomeno idealizzato. E’ una stortura da correggere, un tarlo storico-genetico da combattere. E, magari sbaglio, non sarà con l’indifferenza che ciò avverrà. E’ una battaglia persa? Un punto di vista ipocrita? Un buon proposito inattuabile?
Oh beh, se continueremo a ripetercelo magari produrremo tanta anidride carbonica da asfissiare il prossimo villain supereroistico, il prossimo dittatore bambino dai deliri resi politica nazionale.
A pensarci ne soffriamo,
e menomale,
ci sentiamo privilegiati
e intimoriti,
e menomale,
capiterà anche a noi,
ci prenderanno,
non possiamo fare nulla,
è il caso, sono i Potenti,
la Casta, i Poteri Forti.
Assoluti, quindi sciolti, slegati dal resto, lo siamo quando contempliamo con occhio distante, senza partecipare in alcun modo. Quando l’esempio degli errori non ci induce a farne di meno, a migliorar seppur di poco nella vita di tutti i giorni. Quando ci atteggiamo nel ruolo di comparse minori, lacrimevoli e impotenti.
Questa non è la Fine, solo uno dei suoi lunghissimi e interminabili capitoli. E’ dal modo di reagire e confrontarsi con questi finali in minuscolo che emergerà il mondo del futuro, già, quella palla di materia polverosa che dovremmo lasciare in eredità a figli e nipoti.
Photo by Jordan Whitfield