Madama Costanza

C’è una virtù che si merita un elogio lungo quanto i titoli di coda di un film americano. Sto parlando della signora Costanza, la grande madama, colei che rende possibile ciò che altrimenti sarebbe irraggiungibile.

Cosa direste ad un bambino con il sogno di diventare un astronauta, un collaudatore di moto per i gran premi oppure un titolatissimo influencer in grado di spostare voti come un camion di panini con la porchetta nei paesini nascosti dell’entroterra italiano? Che bisogna impegnarsi, tanto, sempre, in continuazione. Che non esistono mezze misure, ché la vetta è una sola e troppo poco spaziosa per essere abitata da più di una persona. Ecco, sarebbe uno shock, e gli metterebbe sul groppone una pressione tale da schiacciarlo. Come eccessiva è, in realtà, l’ambizione del massimo, del picco e della supremazia. È quindi il caso di cambiare le proporzioni e di distribuire gli elementi in un ordine diverso. Bisogna per forza essere i primi al mondo? No, a meno che non ci sia un demone interiore insaziabile che ti fa credere di essere stato progettato per quello. Ed è davvero necessario impegnarsi senza tregua o sosta, senza schiacciare mai un pisolino, insomma, è proficuo lavorare come un sarto di palloni thailandese? Dall’est mi fanno sapere che non è lo stile di vita ideale, ma sono parole d’altri, non mie.

Costanza è una dama esigente, più una musa che una ragazza da conquistare lanciandosi sulla pista da ballo. Va avvicinata come si fa con le tigri dai denti a sciabola e interpellata come una maestra convinta di saperci fare con gli alunni. Poi, quando abbassa le difese quel tanto che basta da intravvedere un’apertura nella sua corazza, va circuita, ammaliata e sedotta. Ma, guai a considerarla vinta, è tipa da dimenticarsi subito del nuovo spasimante per tornare fuggevole, distante ed evanescente. Va corteggiata ogni giorno, con metodo e dedizione. Ne vanno studiati i passi, il modo in cui il suo stivaletto lascia un’impronta nel cemento fresco, i suoi orari, le sue frequentazioni e persino cosa preferisce mangiare e dove. Ad occhio e croce ho appena costruito il perfetto esemplare di stalker dilettante. O professionista, fate voi, non me ne intendo. Ma l’immagine, seppur volontariamente provocatoria, lascia un pizzico di margine per arrivare al punto della questione. La costanza è una conquista difficile che si può raggiungere solo dopo aver ingerito un dose sorprendente di forza di volontà in lattina. Ma, una volta adagiata tra le proprie braccia, diventa la migliore delle compagne, o compagni mes amies, la presenza intramontabile pronta a rendere la più grigia delle giornate uno splendido successo. Costanza è quella presenza che con occhio critico e acuto entra in una stanza con l’intento di stravolgerla. È quella sagoma che tagliando e cucendo, rammendando e dipingendo, crea dagli stracci una splendida veste da arlecchino. Per lei non esistono sprechi né tantomeno rimpianti. È lì, pronta a scattare sulla linea di partenza, quando gli altri corridori si stanno ancora allacciando le scarpe.
Si ode lo sparo della pistola, tutti partono ma lei, lei sola, ha già vinto.
Bugia, questo non è assolutamente vero.
Essere costanti, di per sé, non garantisce nulla. L’impegno, anche quando è mirato e impeccabile, non sempre porta indenni e vittoriosi alla fine della corsa. Eppure, ed è un eppure grande quanto il Colosso di Rodi, garantisce delle possibilità altrimenti oscurate da un non precisato velo di indolenza. Non vogliamo mica aspettare che la fatidica mela ci caschi sulla testa, non è vero? Bisogna sforzarsi per ottenere quello che si desidera e, notizia delle notizie, anche per quello di cui si ha semplicemente necessità. E in tale impresa quale miglior compagno di viaggio si potrebbe assumere se non la signora Costanza? Ha, certamente, il sapore di un patto col diavolo, ma visto che di angeli non si campa, tanto vale scegliersi il diavolo da vestire, quello più a nostra immagine e somiglianza.

Dopo questo salto diabolico all’interno del guardaroba parliamo della semplice bellezza di questa donna fantastica. Elegante nella fatica, è agile e veloce per quanto si cibi di alimenti spesso pesanti e duri da mandar giù. È lì che sbocconcella volumi alti e polverosi, manuali tecnici e poesie, album gastronomici e fotografie. E per lei non è che l’antipasto! Poi vengono gli esercizi fisici e i lunghi monologhi interiori, gli incontri casuali e quelli programmati, il caliginoso mondo dei sogni così come quello ardente e spietato della veglia. E, per dessert, eccola che torna ad imparare su chissà quale bizzarro avvenimento. Capace che una farfalla si posi sul davanzale e su di essa componga un’ode tanto sottile da venir percepita solo dai delfini. Insomma, è artefice e frutto di mille scoperte, la messaggera di ciò che vale la pena esplorare e di ciò che può tranquillamente rimanere sepolto sotto al tappeto. E’, polemicamente, anche il baluardo per arginare la mediocrità e la genialità, due aspetti della vita che, ad essere gentili, hanno bisogno di un vaccino per essere debellati. Qui c’è tutta la velenosa consapevolezza di un individuo che sa di non essere geniale (purtroppo) e mediocre (si spera).
Ciononostante, rimane da elogiare la splendida democrazia di questa matrona che, se venerata, a nessuno nega i propri servizi.

È qui, pasteggia con il tempo mentre schicchero parole su un foglio di carta.
È qui, mi consiglia all’orecchio svariate soluzioni, mi incita e incoraggia, nonostante sappia che son stanco.
È qui, tremenda e autorevole, mentre mi indica la via.
Ed è qui quando, con sdegno, si rende conto che non la posso seguire sempre.
Ma la mia scusa è presto detta: se facessimo tutti così sulla vetta non ci sarebbe più posto.

Photo by Tim Graf

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