Il non-detto è un signore elegante e fascinoso. Di quelli che quando entrano nella stanza attirano a sé gli sguardi a mo’ di calamita. Non solo si veste con gusto e attenzione, ma dimostra anche un comportamento impeccabile e segue il bon ton come fosse egli stesso un libro stampato. Stare in sua presenza è facilissimo. Agevola la conversazione, rallegra quando si ha bisogno di una risata e compatisce quando il mondo si accanisce. Conosce a memoria i tuoi film preferiti, sa quale smalto utilizzi per le unghie e quale marca di birra comprare per una finale di Champions League. Sa dove farti il solletico, se dietro il ginocchio o sulla pianta del piede, se la cottura della pasta la preferisci al dente oppure tale da creare una pappetta collosa che giusto negli alberghi esteri molto low-budget si può considerare “cucina italiana”. Ed è così servizievole questo cicisbeo per un semplice quanto scontato motivo. Perché il non-detto sei tu, nella maggioranza dei casi. È la voce che dai ai messaggi altrui, è il tuo stato d’animo che influenza ogni pausa, ogni leggera inflessione della voce e ogni occhiata che non ti risulta conforme al contesto. Questo testo l’ho immaginato letto dal Dott. Cox di Scrubs, manca giusto un nome femminile stereotipato per chiudere il cerchio.
Diciamocelo apertamente, essere chiari è una rottura di scatole. E lo è non tanto perché sia difficile, faticoso oppure eticamente discutibile, tutt’altro, lo è invece perché le aspettative della società, o per meglio dire quelle delle persone reali che abbiamo attorno, confliggono con questo proposito di disinteressata onestà. Essere schietti, sinceri e diretti è diventato uno status particolare, che non tutti possono sperare di mostrare appuntato al petto come una coccarda. Prima di continuare con il discorso è però giusto fare una precisazione, questo “obbligo” che si sente nei confronti degli altri è meramente fittizio. È una gabbia della quale si hanno le chiavi, ma che, per motivi complessi e spesso aggrovigliati, non vengono usate. Come a dire che tutto ciò si potrebbe ignorare con una scrollata delle spalle, una scrollata liberatoria e francamente salutare, che non avviene mai. Del resto, avete fatto caso ad una piccola contraddizione del nostro pensiero wannabe razionale e analitico? Spesso conoscere la soluzione di un problema non permette di risolverlo. Se ci pensate è alquanto ironico e la causa è presto detta. Il cuore della sua risoluzione sta nel processo intermedio, nel procedimento che ci porta a capire perché quel problema ha quella determinata soluzione. Comunque, senza appesantire oltre il dettato, torniamo a quel damerino lasciato nell’office che è il non-detto. Lui è una star, l’idolo della folla, il campione di tutte le relazioni umane. È lo spazio interstiziale entro cui si svolgono la maggioranza delle nostre elucubrazioni. Quando, alle tre del mattino, un pensiero insistente ci tiene svegli, stiamo di certo soccombendo alla sua influenza. E quando invece, sotto il getto caldo della doccia, sembriamo capaci di risposte sagaci e di far valere la nostra posizione … è sempre con lui che trascorriamo il tempo, con quel non-detto dalla doppia faccia. Ebbene, per eliminarlo basterebbe uno sforzo piuttosto limitato, ciononostante sappiamo bene che non saremo mai i primi a scagliare la prima pietra. Non siamo, del resto, senza peccato. Per ridurre questa porzione di spazio, questo luogo che non figura in nessuna carta geografica e che al contempo frequentiamo più del bagno di casa, servirebbe una decisa presa di coscienza e la volontà di andare contro le aspettative costruitesi nel tempo. Sembra poca cosa, ma equivale a smettere di dire “tutto bene” quando la tredicesima persona incontrata sulla strada ci domanda “come stai?”. La scena sarebbe ridicola, ve ne do atto. E se dovessimo davvero rispondere diffusamente e sinceramente ogni volta ecco che il nostro tempo si ridurrebbe tanto da diventare formato tascabile. Eppure, è da queste piccole battaglie che si ottiene la fiducia per combattere la guerra. Tenersi per sé ciò che si prova e agire da valenti eroi delle fiabe è sciocco per un motivo molto antipatico e prosastico. Ossia, che gli altri non lo sanno. Non sanno che tu stai sacrificando qualcosa per loro perché non sono, guarda un po’, nella tua testa. Non sanno che ti sei fatto rimborsare i biglietti per un concerto pur di accompagnarli a fare i regali di Natale all’ultimo momento. Non sanno che hai decurtato il tuo tempo libero pur di dedicare loro delle attenzioni. Non sanno che dentro di te reprimi un grido di guerra islandese ogni volta che pronunciano male la parola diatriba (pensando “l’accento è sulla a, maledetti”). In sostanza, ti sei sforzato per ottenere un risultato di cui nessuno ti ritiene artefice. Benvenuto nella zona grigia del non-detto!
Ora, non dico che bisogna sbandierare ai quattro venti ogni singola azione pur di raggranellare quel po’ di notorietà che basta a sentirsi accettati in una comunità sempre più sfilacciata e invasa dai monopattini … quel che dico è che non si possono campare pretese su qualcosa che, in primis, non è mai stato esplicitato. Cioè, siamo terra terra, voi come reputereste un pescatore che lascia la canna da pesca in macchina e si spazientisce perché i pesci non abboccano? È un pazzo, non credete? Un folle su tutta la linea. Ma anche avesse lanciato l’amo senza esca, il che forse è più calzante, cosa dovrebbe aspettarsi, che Nettuno si impietosisca al punto di addentare l’uncino metallico? Il peggior scenario possibile, o quantomeno uno dei peggiori, è facile da indovinare: circondati dal non-detto, ci si ritrova a combattere dei veri e propri fantasmi. Dei fantasmi di “e se …”, “ma forse intendeva che …” o addirittura di “io so che ha detto X, ma sicuramente intendeva Y”. Bene, quella è la strada per diventare paranoici psicolabili, se volete la mia opinione. Come-come? Tutti ci facciamo problemi simili di fronte allo specchio oppure davanti alla padella con l’occhio di bue che, come al solito, si sfalda perdendo la sua consistenza cremosa? Che dirvi, si vede che la nuova normalità è essere paranoici psicolabili.
Ci sta facendo un sacco bene, accendete il telegiornale.
Specifico che ciò non significa che io abbia la risposta a tutto nel taschino, anzi, sono il primo ad omettere e a cacciar fuori dalla collezione qualche bugia bianca per far sì che le cose scorrano senza intoppi. Ciò su cui vorrei ragionare, ancora una volta io stesso in primis, è il tempo che perdiamo dietro a delle chimere che, in francese, potremmo meglio denominare “pippe mentali”.
Per concludere, essere eroi tenebrosi e silenti, dei martiri da strapazzo nevrotici e nervosi, è tanto stupido quanto cercare di catturare con un retino la propria ombra.
Photo by Stephen Cook
9 risposte a “Non dite al pescatore che senza esca non si pesca”
Ciao Aureliano e grazie di essere venuto a trovarmi. Io sono Low e tutto ciò che hai scritto nel tuo post lo condivido. Non sono nata per essere ragionevole e accomodante. Se leggerai i miei post ti accorgerai che sono quella poco sorridente e rassicurante. Le mezze verità non mi piacciono, e dico sempre ciò che penso a discapito della simpatia nei miei confronti. Sono fatta così. Buona giornata!
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Il piacere è mio di aver trovato il tuo blog! Le mezze verità le lascerei a chi vuole vivere una mezza vita e mi sembra di capire che non sia il tuo caso. Quindì sì, le parole d’ordine sono genuinità e rispetto per sé stessi. Buona giornata anche a te!
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Il condominio di wordpress è un po’ così…ti troverai bene.
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Bene! Ci si incontra con un like.
Grazie.
Condivido in sintesi Il tuo pensiero e direi anzi che è la mia pratica. Buona giornata e buon weekend.
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Si deve pur sempre partire da qualcosa!
Mi fa piacere sapere che sei d’accordo, buon weekend anche a te.
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il non-detto dice, il non-detto non dice. è tutto e niente? rimane cmq una negazione del detto (azione già compiuta) … che sversa nel silenzio ammiccante? negativo? positivo? eh…
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Paradossalmente anche il non-detto è una forma di comunicazione. La mia domanda è questa: è adeguata? Ci aiuta in qualche modo? Forse sì, di sicuro è comodo e coccola, ma credo che “comodità” e “benessere” si trovino su due rette parallele 😉
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non sempre è malevola, non sempre è benefica. non si tratta di non-dire ma di non-detto, quindi di negazione già compiuta. quindi il non-detto è un atto e non potenza. due occhi dolci sostituiscono la tenerezza per esempio.
e non credo che sia semplicemente un fatto/evento afferente alla sincerità. tutto qui.
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Certo, sono d’accordo. Bisogna distinguere da caso a caso
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